martedì 29 luglio 2014

Tavecchio, il calcio, le banane, le entrate a gamba tesa e gli scivoloni...


Io, francamente, fino a pochi giorni fa non sapevo chi fosse Tavecchio; non mi interesso di calcio da un bel po' e , sinceramente, mi interessa assai poco pure la questione relativa ai candidati alla presidenza della FIGC.
Pare che il suddetto abbia anche qualche lieve trascorso con la giustizia, ma non è qui il punto ( non abbiamo qualcuno che sta or ora modificando la Costituzione ed è un pregiudicato?).
Perché me ne occupo, allora? Per pure questioni linguistiche, ovviamente!
Tavecchio sembra ( e le mie fonti sono le mie come le vostre) che abbia detto:

"L'Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che Opti Poba è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree" .

Il fatto che utilizzi “Opti Poba” invece di “Bingo Bongo” potrebbe persino deporre a suo favore per la fantasia dimostrata.
Ovviamente Tavecchio viene inchiodato alle sue responsabilità per la frase successiva che non lascia alcun dubbio sull'atteggiamento del candidato presidente: parlare di banane lo mette in linea con la più becera espressione del leghismo nostrano che , pur se sdoganato in parlamento e, ahimè, in Europa, rimane intimamente razzista ( ovviamente Salvini lo nega ogni piè sospinto, ma si sa che non è fine parlare male degli argomenti sgradevoli che alimentano e alimenteranno, però, la sopravvivenza del suo partito).
Il tutto rimanda inequivocabilmente al peggior razzismo coloniale, che prevede una civiltà eletta contrapposta alla schiera dei selvaggi che dovrebbero perlomeno, nel nome del progresso, cambiare la loro dieta troppo ricca di potassio.
Pochi , pochissimi, si sono accorti di ciò che Tavecchio ha detto dopo e che lo colloca tra i razzisti biologici della peggior specie ( ...anche se tendo a credere che più che un ragionamento dietro alle sue parole ci sia una contaminazione irrazionale dovuta all'eccessiva esposizione ai discorsi da bar e al linguaggio da “Quarto impero” dominante in questi anni).
E' vero che le banane sono , come dire?, più pittoresche ed evocative di altro, ma pensare di richiedere il “pedigree” a un giocatore è ancor peggio: equivale a classificare un giocatore di calcio extracomunitario alla stessa stregua di un cane o di un cavallo di razza...
Mica ha pensato all'albero genealogico Tavecchio! Giammai!
Per i giocatori ( che sono il corrispettivo dei cani e dei cavalli per la nobiltà di un tempo dedita alla caccia: animali utili e “nobili”, ma pur sempre animali) ci vuole il “pedigree”.
Perché di animali bastardi ( e, sia chiaro che sto seguendo il perverso percorso "logico" del signore...) il calcio italiano non ha bisogno...

Vedete poi voi , solo basandosi sulle sue parole, se l'affidare o meno il carrozzone miliardario del calcio italiano a personaggi di tale caratura sia opportuno o meno.
arz ©

lunedì 28 luglio 2014

Entro anch'io...no, tu no!

ingressi_separati_ricchi_poveri_new_york



Riprendo a scrivere qualcosa, dopo una pausa di relax (durante la quale ho approfittato per una sommaria revisione di alcuni miei parametri corporei che tendevano, more solito, ad una certa anarchia; sulle questioni di salute, pur se rivoluzionari nello spirito, diventiamo tutti abbastanza conservatori, chi più chi meno ;-)).
L'argomento è futile rispetto ad altre tragedie di ben altro spessore, ma devo ammettere che l'avverarsi di alcune previsioni funeste che pochi anni fa sarebbero state considerate pura fantascienza mi ha costretto a scrivere qualche notazioncella.
Ammetto che l'oggetto della mia irritazione questa volta non ha a che fare con questioni linguistiche.
Ma veniamo ai fatti : a New York in uno stesso grattacielo dovranno convivere persone con reddito diverso ( per approfondire la questione leggete qui: http://blog.casa.it/2014/07/22/york-condominio-lusso-crea-ingressi-separati-ricchi-poveri/ ) per cui si è deciso di provvedere a due ingressi separati, l'uno per i “poveri” e l'altro per i “ricchi”.
Ovviamente, molti troveranno la questione del tutto pacifica : il “non amo la miscela tra l'alta e bassa gente” valeva per l'oste di Cesarea nella poesia gozzaniana e vale ancora.
Esistono circoli esclusivi (e non da oggi) anche in molte città italiane che prevedono di fatto una divisione tra chi si può permettere l'ingresso e chi no, e prevalentemente per semplici questioni di censo.
Fa un po' specie che, però, in questa occasione, pochi abbiano ricordato esplicitamente le pratiche di segregazione razziale che dividevano i neri dai bianchi, quelle che impedivano ai neri di andare nelle scuole, sui bus e nei bagni dei bianchi e che, insomma, stabilire due entrate distinte significa far rientrare dalla finestra un "modus operandi" che gli statunitensi dovrebbero aver gettato dalla porta non solo per via legislativa, ma per un effettivo cambiamento di mentalità rispetto ad un errore storico e umano.
E invece no.
E' un dato assodato che la povertà sia ormai un elemento insostenibile allo sguardo delle classi privilegiate (vedi le iniziative per liberare nei nostri centri cittadini dai barboni e dai mendicanti) e che più la crisi morde, più vi è la tendenza ad allontanare chi ne è vittima dagli occhi e dal cuore, se ne ha uno,  di chi ne è scampato, talvolta, alla grande ( perché spesso ha speculato sulle disgrazie altrui per arricchirsi ancora di più).
Be', osservare che ciò accade in un paese dove il cristianesimo è dominante fa una certa impressione ( ... e sto parlando degli Stati Uniti ;-))

Qualcuno ha osservato maliziosamente che vi è un motivo per cui la scritta “In God we trust” campeggia sulle banconote americane: chi non le maneggia non può confidare in nulla e, come si sul dire, può attaccarsi al tram, coloro che ne possiedono in abbondanza possono confidare, in proporzione al numero di bigliettoni posseduti, nella benevolenza di un Dio che non a caso, nella loro ottica, li ha resi così belli, ricchi, bianchi e, soprattutto, cristianissimi.
arz ©

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